marzo 31, 2012

Ognuno prende la strada che può


Hai presente certe giornate d'inverno, hai presente il cielo tutto grigio e certe nuvole di una tinta più intensa, hai presente un monumento che dalla cima d'una rupe si staglia su uno sfondo così? Giuro che ti sto sentendo, mentre hai appena risposto di sì sottovoce, quant’è vero che d’improvviso non sono più così solo al mondo.

Succede così, un pomeriggio qualsiasi che le strade si asciugano pian piano della pioggia della notte prima, di trovarsi in giro in macchina e pensare alle cose che ti hanno sempre circondato con la meraviglia del bambino che eri stato, con le gambe piene di graffi e i capelli così lunghi nella foto della prima comunione.
Se con la mente torni un attimo a quegli anni lì, l’impressione che essi non siano mai esistiti sparisce di colpa. 


Una scena dopo l’altra, ecco i banchi disposti a ferro di cavallo della tua prima elementare, i sabati di catechismo e le orde di ragazze scalmanati che si rincorrono sopra il marmo della larga piazzola antistante la chiesa, la partita allo stadio comunale e la tua fascia di capitano improvvisata in una bandana della Coca-Cola.


Passa un momento e passano anni, hai tolto gli occhiali e indossi sempre un paio di jeans neri, non sai bene perché ma continui a comprarli solo di quel colore, la tua voce stridente si è trasformata in un tono nasale enormemente fastidioso, sull’autobus di ritorno delle scuole medie sei ogni giorno all’ultima fila e fate sempre un gran casino.


Ehi, aspetta un attimo, cosa sta fissando con quell’attenzione l’ignaro te ragazzetto che finge di battere le mani non so per che stupido motivo? Ma certo, guardalo com’è concentrato sulla ragazza in quarta fila nel posto più a destra (dio mio, solo quando c’entrano le donne certe immagini riaffiorano alla mente così nitide), guardalo con che furbizia ne sbircia ogni gesto senza farglielo nemmeno sospettare! È meravigliosa nel suo taglio di capelli ispirato a una qualche stellina della tv, gli occhi ancora più piccoli dietro gli zigomi così fascinosamente sporgenti, l’aria da diva con cui già si trasporta ad ogni passo, tanto dodicenne e tanto irraggiungibile. Mai più hai provato l’impulso di uccidere come quando quell’imbecille del tuo compagno a cui avevi confidato quanto ti piacesse lo aveva spiattellato a tutti e  lei che l’aveva saputo aveva cominciato a guardarti con tutto il disprezzo di cui era capace.


Hai presente quelle canzoni pop che fanno da colonna sonora alla commedia alla moda di turno? Hai presente i loro videoclip, che in tre o quattro scene ti mostrano i protagonisti principali e ti fanno pensare, in un attimo di distrazione, “forse non sarà tanto male”? Hai presente quando rinsavisci e ti rendi conto, invece, di quanto siano stupidi entrambi? Giuro che ti sto sentendo, mentre hai appena risposto di sì sottovoce, quant’è vero che d’improvviso sono tornato solo al mondo rivedendo la mia bella alle poste, che con tono supplichevole, senza più traccia neppure lontana della vecchia alterigia, mi chiede una mano per compilare il modello di una raccomandata.

marzo 30, 2012

Facciamo



Lo sai che esiste una cosa che si chiama “gioco del facciamo” e che una volta ha persino deciso una finale di coppa del mondo?
Allora facciamo che tu eri meravigliosa nei tuoi capelli ricci lunghissimi e nel tuo naso appuntito, nella tua espressione furba e nelle tue gambe diritte, nel tuo camminare a testa alta senza guardare nessuno come avessi addosso un paraocchi. Facciamo perciò che, come tutte le ragazze appena appena carine, avevi frotte di ammiratori appresso, uno più muscoloso e più simpatico dell’altro, e tutti quanti così ironici che come una volta Monicelli ti viene da pensare “Ma ironici di che?”.
A questo punto facciamo che, chissà perché (ma io lo so, il perché), tu di tutto questo non eri affatto contenta, tu con la tua vita e le tue inibizioni da ragazza perbene, con la tua insofferenza per tutte queste battute già sentite, con l’illusione che celavi anche (principalmente) a te stessa di un principe della tonalità di azzurro che preferisci.
Facciamo poi che una sera mi ritrovo per caso con uno del tuo codazzo, facciamo magari che è il meno muscoloso e simpatico di tutti, facciamo che finisce che ce ne stiamo una mezz’ora a parlare del più e soprattutto del meno e che poi ce ne torniamo a casa più contenti di non essere soli, che mal comune è sempre mezzo gaudio almeno un po’, facciamo che ogni tanto ci sentiamo e ci consoliamo a vicenda con l’impressione che quando parliamo ognuno non stia ascoltando solo se stesso.
Facciamo infine che oggi ti sento più sfuggente del solito, che hai tradito la mia fiducia (”anche tu”, starai pensando) e che hai paura che ce l’abbia con te per questo. Facciamo che io non ce l’ho mica con te, che lo capisco che vendere qualcosa di se stessi, ogni tanto, è quasi inevitabile.

marzo 29, 2012

Per futili motivi


Non se ne sentiva proprio il bisogno, eh?
Santi navigatori e poeti, io ci aggiungerei allenatori e blogger. A voler essere sintetici e un bel po’ banali, gli italiani del duemilaqualcosa li potremmo descrivere così. Ma allora perché cominciare a scriverne un altro, perché ammorbarsi di parole ulteriori, perché raccontare ancora storie se il migliore dei casi possibili contempla al massimo che qualcuno le legga? (e stop, voglio dire, niente rivoluzioni, niente prese di consapevolezza, nemmeno la più flebile speranza di far cambiare opinione su una minchiata al lettore più remoto).
In effetti, beh, la risposta l’ho scritta bella chiara nel titolo del blog: per futili motivi. Che per il codice penale, articolo 61, costituisce pure un’aggravante, se è per questo, in quanto il movente è decisamente sproporzionato al crimine commesso.
Certo, certo, poi non va dimenticato che si tratta comunque di una citazione da un cantante tanto sconosciuto quanto degno, uno stralcio da un pezzo che parte tipo così
Nun c’è speranza oggi
pe’ domani
Mettemose a canta’
stamose bboni
‘Sti botti che sentite
nun so’gnente
Ma è ‘n temporale novo
pe’ la gente
Il dubbio, però, rimane lo stesso: ma quindi che senso ha tutto questo?
La verità è che non ne ha nessuno. Ma tanto avrei scritto lo stesso.