Diverso è poi quel che dice qualche nero di loro, cioè che
non tutti i fascisti sono ignoranti. Verissimo, ma ciò non toglie che alla base
dell’entusiasmo per l’ideologia (quale?) del Duce ci fosse, per dire, un
sostanziale disprezzo per lo stato di diritto, in favore di un fai-da-te che si
concretizzava nelle squadracce. E da che può conseguire un’idea del genere, se
non dall’ignoranza di una classe popolare che non sa che l’abolizione dello
stato di diritto consente alle lobby di fare il tempo bello e cattivo?
In queste poche righe ho spiegato da bignami perché fascismo
e ignoranza vanno a braccetto, ma ci sono fascisti anche tra le persone
intelligenti. Nel qual caso, si chiama malafede. Dirò ora di più, chi fonda un
movimento partito gruppo di stampo fascista che funzioni, con ottime
probabilità appartiene a questa categoria.
Nel caso di scuola dello stato di diritto, l’arguzia del
leader carismatico consiste nel convincere l’audience che le istanze di ciascuno verranno difese con maggior
fervore ed efficacia all’interno del gruppo stesso: ciò che tralascia,
generando nel pubblico un’implicatura
degna di Grice ed è curioso scoprire che la pagina in italiano non esiste su
wiki, è che questo meccanismo si mette in moto solo in favore dei componenti il
gruppo.
(Termini come “pubblico” e “audience”, quest’ultimo nel suo significato inglese, non sono usati
a caso. Qual è l’aspetto più avanguardista del Fascismo? La comunicazione,
naturalmente. Avete presenti quei video nazisti pietre miliari nella nostra
memoria, ecco, quelli Göbbels e compari li devono ai nostri, che malgrado mezzi alla buona fecero in proporzione meglio di loro).
Torniamo a noi. Cosa c’entra un discorso del genere in
questo momento storico? C’entra, a un’osservazione sulla realtà sia macro che
micro.
A grandi livelli, ridondante dirlo, l’antipolitica la fa da
padrona e si manifesta in dati come un’astensione enorme e in crescita, la
sfiducia dei lavoratori nei sindacati e il conseguente trionfo del capitalismo
versione selvaggia licenziamenti e meno diritti, di cui fa le spese, indovinate
un po’ chi?, ma sì, la classe medio-bassa.
Nel quotidiano, e qui chiudo il cerchio (ci provo,
santoddio, ci provo), tra le testimonianze inconfutabili c’è il disprezzo
sempre meno strisciante e sempre più tangibile per la cultura. “Il fine
giustifica i mezzi”, nient’altro dicono le bocche dei più fighi parolai in
circolazione, non conta quanto vali, al massimo vale quanto conti.
“Munnu è e munnu ha statu”, replicheranno gli intelligenti
in malafede di cui sopra. Non è vero, no che non è vero, urliamoglielo in
faccia. Abbiamo avuto anni in cui perfino quest’Italia, quest’Italia sporca e
malandrina e miserabile e leccapiedi l’han guidata le idee di De Gasperi che
tremava mentre mandava a morire in Belgio quarantamila minatori, le parole di
Calamandrei che sarebbe ora, cristo, di studiare a scuola, gli Scritti corsari di Pasolini e le Lezioni americane di Calvino e i
discorsi di fine anno di Pertini.
Era un’italietta da diccì e non c’è un cazzo da rivalutare,
vero, ma gli uomini di cultura erano rispettati, almeno nel senso che le loro
parole venivano ascoltate. Magari poi ignorate, ma in pubblico sempre indicate
a modello. Oggi se non hai niente di paraculo da dire stattene a casa, o sarai
ignorato finché si può, deriso in
secundis, infine se non t’arrendi linciato, parafrasando una frase che la
vulgata sa attribuire al Mahatma Gandhi.
Io però ho letto qualcosa, e così mi par di ricordare che
vent’anni furono lunghi, ma quando smisero di divertirsi i fascisti
cominciarono a negare di esserlo mai stati mentre fuori si scatenava la caccia
alle streghe. Non so se ci sarò ancora per vederlo, casomai prometto a me
stesso che saprò ricordare gli sbeffeggiamenti olio di ricino, parole come
randelli, uscite trionfanti pari pari a certe foto del Duce mani ai fianchi
arringando la folla.
Le ricorderò tutte, giuro, ma niente caccia alle streghe. Ho
letto Böll, io, premio Nobel nel ’72 (già, ma a voi che importa?), e so che
sarebbe inutile.