Sola per strada
col suo sorriso
e chi può farle del male
se ci saranno mille ragazze
che la vorranno imitare
Edoardo Bennato
– Una ragazza
La ragazza scese dal letto a passi lenti e si
appoggiò al vetro della finestra ad ammirare lo spettacolo della neve che
cadeva fitta fitta.
Si era svegliata piano come le principesse delle
favole, aprendo gradualmente contemporaneamente irrimediabilmente gli occhi e
le orecchie. Man mano che si era allargato il piccolo spiraglio da cui le
pupille si affacciavano il suono della televisione si era fatto sempre più
riconoscibile, diventando dapprima linguaggio poi dialogo. Fu proprio quando
riconobbe nelle voci dei personaggi la storia del Piccolo Lord che
si allontanò suo malgrado dalla leggerezza dell’onirismo e piombò i piedi per
terra. In tutti i sensi.
Fondendo la delusione con la rabbia i suoi
pensieri si susseguirono in un rapido processo che riportava a galla la
coscienza: ah fanno ’sto coso perché oggi è natale oh ma perché c’è la televisione
accesa se sono sola cazzo l’avrò lasciata stanotte quanto avevo bevuto ieri ehi
ma come mai non sto male sarà sicuramente perché ho vomitato.
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La ragazza fissò lo sguardo sul cane dei
vicini che aveva scrutato la neve con curiosità e ora ci si buttava a capofitto
e un po’ lo invidiò.
La aspettava un Natale diverso quest’anno che i
suoi genitori erano partiti per il Canada a trovare quei parenti lontani che
tutti i siciliani hanno e lei aveva preso la scusa degli esami a gennaio per
non andare. Balle. Di studiare non aveva proprio voglia e nemmeno di fare nient'altro,
per quello la sera prima era andata alla festa. Lucia le aveva telefonato verso
le nove e mezza e l’aveva informata che stava passando a prenderla, lei non
aveva opposto la minima resistenza. Aveva visto nello specchio il nero della
minigonna a pieghe e delle calze più vivace nei colori della maglietta appena
aperta nella scollatura e si era piaciuta. Aveva spento tutte le luci ed era
andata via.
Sebbene la resaca che i ragazzi
le avevano pronosticato il giorno prima non si stesse manifestando la gola le
pizzicava appena. L’atmosfera intorno le pareva ovattata. Mancava l’allegria di
una casa a Natale a sfondare la coltre di freddo che l’evento straordinario
della neve portava con sé. Guardava il giardino coperto di bianco e si immaginò
per un momento piccola lanciare palle di neve alla mamma. Il vetro appannato
dal calore del suo fiato ruppe un’altra volta il piccolo miracolo del sogno e
la riportò d’improvviso alla coscienza, chiuse la tenda e andò in bagno.
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La ragazza stavolta vide nello specchio la
faccia sporca di mascara e non riuscì a reprimere il senso di disgusto che
affiorava da una qualche profondità. Certo proveniva dall’anfratto dove la sua
anima aveva trovato riparo.
La Seicento di Lucia era infestata dall’odore
del profumo che odiava, aveva cercato di concentrare la sua attenzione su
qualcos’altro. Aveva osservato con minuzia le scarpe lucide che brillavano ad
ogni contatto con la luce dei lampioni che filtrava dai finestrini: se fosse
stata un maschio… Niente tacchi cerette trucchi fischi-per-la-strada
paura-ad-accettare-un-passaggio-ma-anche-ad-andare-in-giro-da-sola. Lucia aveva
detto fanno sta festa alla vigilia di natale perché tanto sono tutti erasmus e
non devono festeggiare in famiglia poi tu devi dimenticare marco magari ci
divertiamo, ma a lei non cambiava niente perché tanto non c’era ragione perché
potesse fregargliene qualcosa di ’sta festa. L’attaccapanni era pieno di
cappotti e si perse a pensare a quante nazioni potevano starci sopra, in due
minuti aveva bevuto sei bicchieri di sangria.
Quando ebbe finito di vestirsi scorse sul
comodino uno strano scintillio. La luce batteva sulla farfalla colorata. Mise
il fermaglio e andò a fare colazione al bar in via Vittorio Emanuele.
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La ragazza avvertì le voci dei passanti
che fuori scampanellavano allegre, scese le scale a due a due e si precipitò in
strada.
Aveva ormai smesso di nevicare e le famiglie si
erano riversate nel corso principale a festeggiare l’evento. I bambini
inciampavano senza farsi male, nella piazza il duomo maestoso pareva guardarli
con tenerezza e condiscendenza. Le nuvole si spostavano per lasciare spazio al
sole che illuminasse lui lo spettacolo, la memoria della ragazza si aprì e ne
riemersero tutte le scene della notte precedente.
Ricordò Lucia che le diceva di volersene andare,
lei che prendeva il cappotto e si preparava ad uscire, poi… Poi si trovava
davanti Marco insieme ad Imma, la danese biondissima a cui doveva almeno trenta
centimetri. Ora la scena si faceva molto più frenetica. Lei lasciava cadere per
terra il cappotto correva verso il tavolo afferrava l’insalatiera con la
sangria e gliela svuotava addosso era questa la pausa, stronzo? poi correva
fuori nel freddo e si appoggiava al parabrezza della macchina di Lucia
mescolando alla pioggia le sue lacrime. Mentre vedeva Lucia arrivare col
cappotto dimenticato dentro fermò i ricordi.
Sentì in bocca la consistenza pastosa del latte
e poi ci buttò dentro i biscotti appoggiati sul bancone, le loro palline di
cioccolato lasciavano sciogliendosi un sapore dolce. Schioccò la lingua sulle
labbra, un moto di soddisfazione la scosse dentro e la riempì di energia, la
sua risata spontanea trillò nel bar.
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Elena aprì la tenda con delicatezza e la
fece tintinnare come un gatto che ci passa attraverso, uscì un’altra volta
fuori dove il sole di Natale cominciava a scaldare l’atmosfera e respirò il
tepore del mondo a piene boccate, le orme dei suoi passi nella neve si
succedevano diritte.