settembre 05, 2013

La farfalla granata

Lui si chiama Gigi ed è un calciatore fortissimo, gioca all’ala destra e corre come un forsennato, è uno scricciolo ma fa mille finte che ci impazzisce persino il grande Facchetti, alto il doppio di lui. Sulle spalle porta il sette, e proprio come il Nino di De Gregori non pensa che un giocatore si giudichi da come tira i rigori, lui preferisce la fantasia e s’inventa certi gol che il pubblico della sua squadra, il Torino, ci va in visibilio.

Uno come Gigi Meroni, non c’è dubbio, dovrebbe stare in Nazionale, ma i giornalisti non ce lo vogliono, proprio no. Ha i capelli troppo lunghi, dicono, e poi sta con un’adultera e allora “[p]overa maglia azzurra, come ti sei ridotta!”, scrive uno di quelli che la sanno lunga. Lo accusano di non aver rispetto, lui che non salta un allenamento e non protesta mai se becca un fallo e sì che di pedate ne busca, andando sempre appresso al dribbling.

Ma sono gli anni Sessanta, e l’Italia è quella della DC bigotta e conformista e loro, i pennivendoli, possono perdonare tutto ma non la libertà di un ragazzo qualsiasi che per sconcertarli esce con una gallina al guinzaglio, ci ha i milioni e vive da bohémien, se deve tagliare barba e basette e incravattarsi come un impiegato di banca qualsiasi allora meglio rinunciare alla maglia azzurra, e poi, soprattutto, Cristiane la ama e che cazzo gliene può importare, a lui, se una volta per sbaglio aveva sposato un altro.

Dicono anche che si vesta da pagliaccio, Meroni, e invece è così pieno d’inventiva anche fuori da quel benedetto prato verde che se li disegna da solo, gli abiti, e gira con una Balilla del ’35 che ha messo a nuovo. E insomma, forse è proprio questo ragazzetto che i pennivendoli tanto disprezzano che ha fiutato l’aria nuova che arriva da lontano, l’aria dei Beatles e del Sessantotto e delle rivolte e dell’amore libero.

Che poi è un tipo tranquillo, Gigi Meroni, odia le luci della ribalta e non vede l’ora di tornare a casa la sera e chiudersi a dipingere nella sua mansarda in Piazza Vittorio a Torino, dove convive con la sua Cristiana. Già, Cristiana. Cristiana che è la “bella tra le belle”, Cristiana che non gli par vero d’averla finalmente con sé, Cristiana e una storia d’amore che persino Paolo e Francesca impallidiscono.

Cristiana è stata la ragazza del luna park e Gigi se n’è innamorato sul lungomare di Genova, dove giocava qualche anno prima, ma poi lei si sposa con un altro e lui, lui il giorno del matrimonio corre in chiesa a vederla, forse sperando che dica di no, e questi sì che sono brividi, altro che Dustin Hoffman ne Il laureato. Lei dice lo stesso di sì, ma non è una storia che può durare, quella, ché nel futuro c’è scritta un’altra cosa.

I primi tempi in cui stanno insieme lei vive a Milano e lui a Torino. Sono anni di telefonate chilometriche e corse in macchina la notte per andarla a trovare, e forse è per coprire le borse sotto gli occhi che Gigi comincia a usare quegli occhialoni da sole che fanno storcere il naso ai pennivendoli. Ma finalmente, Cristiana arriva a Torino, nella mansarda di Piazza Vittorio che ospita l’amore più profondo di tutti gli anni Sessanta.

A un certo punto Cristiana sta per avere l’annullamento e potranno sposarsi, e tutto sembra sistemarsi nell’esistenza di Gigi Meroni, che intanto a ventiquattro anni è diventato campione nel Toro e titolare in Nazionale e schiodarlo da lì sarà difficile. Ma forse il suo destino è quello di non aver requie né felicità, certo è che la sua vita si spegne una notte d’ottobre quando, a piedi in città, viene travolto da un’auto in corsa.

Finisce così il volo della “farfalla granata”, un po’ beatnik e un po’ artista, sul campo di calcio campione e nella vita uomo con la schiena diritta, e da allora Cristiana a ogni anniversario di questo giorno funesto manda sette rose rosse sulla sua tomba, sette come la sua maglia. Di sé e Gigi, oggi, parla così: “Che cosa ho voglia di dire? Che è stato bellissimo. Almeno io una volta nella vita, anche se per poco, un amore così l’ho avuto. Qualcosa di assolutamente speciale. E penso che tanta gente vive e muore senza provarlo mai”.

P.S. L’ho fatta breve (o quantomeno l’ho adattata) e si sono persi tanti episodi stupendi, perché la storia di Luigi Meroni, detto Gigi, è un romanzo vero. Nando Dalla Chiesa ha provato a raccontarla in un libro toccante che s’intitola, per l’appunto, La farfalla granata. Leggetelo.

Se invece non c’avete voglia, ne ha parlato anche Sfide. Guardate qua: http://www.youtube.com/watch?v=0Q6eKjTi8lc

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