Lui si chiama
Gigi ed è un calciatore fortissimo, gioca all’ala destra e corre come un
forsennato, è uno scricciolo ma fa mille finte che ci impazzisce persino il
grande Facchetti, alto il doppio di lui. Sulle spalle porta il sette, e proprio
come il Nino di De Gregori non pensa che un giocatore si giudichi da come tira
i rigori, lui preferisce la fantasia e s’inventa certi gol che il pubblico
della sua squadra, il Torino, ci va in visibilio.
Uno come Gigi
Meroni, non c’è dubbio, dovrebbe stare in Nazionale, ma i giornalisti non ce lo
vogliono, proprio no. Ha i capelli troppo lunghi, dicono, e poi sta con un’adultera
e allora “[p]overa maglia azzurra, come ti sei ridotta!”, scrive uno di quelli
che la sanno lunga. Lo accusano di non aver rispetto, lui che non salta un
allenamento e non protesta mai se becca un fallo e sì che di pedate ne busca, andando
sempre appresso al dribbling.
Ma sono gli
anni Sessanta, e l’Italia è quella della DC bigotta e conformista e loro, i
pennivendoli, possono perdonare tutto ma non la libertà di un ragazzo qualsiasi
che per sconcertarli esce con una gallina al guinzaglio, ci ha i milioni e vive
da bohémien, se deve tagliare barba e basette e incravattarsi come un impiegato
di banca qualsiasi allora meglio rinunciare alla maglia azzurra, e poi,
soprattutto, Cristiane la ama e che cazzo gliene può importare, a lui, se una
volta per sbaglio aveva sposato un altro.
Dicono anche
che si vesta da pagliaccio, Meroni, e invece è così pieno d’inventiva anche
fuori da quel benedetto prato verde che se li disegna da solo, gli abiti, e
gira con una Balilla del ’35 che ha messo a nuovo. E insomma, forse è proprio
questo ragazzetto che i pennivendoli tanto disprezzano che ha fiutato l’aria
nuova che arriva da lontano, l’aria dei Beatles e del Sessantotto e delle
rivolte e dell’amore libero.
Che poi è un
tipo tranquillo, Gigi Meroni, odia le luci della ribalta e non vede l’ora di
tornare a casa la sera e chiudersi a dipingere nella sua mansarda in Piazza
Vittorio a Torino, dove convive con la sua Cristiana. Già, Cristiana. Cristiana
che è la “bella tra le belle”, Cristiana che non gli par vero d’averla
finalmente con sé, Cristiana e una storia d’amore che persino Paolo e Francesca
impallidiscono.
Cristiana è
stata la ragazza del luna park e Gigi se n’è innamorato sul lungomare di
Genova, dove giocava qualche anno prima, ma poi lei si sposa con un altro e
lui, lui il giorno del matrimonio corre in chiesa a vederla, forse sperando che
dica di no, e questi sì che sono brividi, altro che Dustin Hoffman ne Il laureato. Lei dice lo stesso di sì,
ma non è una storia che può durare, quella, ché nel futuro c’è scritta un’altra
cosa.
I primi tempi
in cui stanno insieme lei vive a Milano e lui a Torino. Sono anni di telefonate
chilometriche e corse in macchina la notte per andarla a trovare, e forse è per
coprire le borse sotto gli occhi che Gigi comincia a usare quegli occhialoni da
sole che fanno storcere il naso ai pennivendoli. Ma finalmente, Cristiana
arriva a Torino, nella mansarda di Piazza Vittorio che ospita l’amore più profondo
di tutti gli anni Sessanta.
Finisce così il
volo della “farfalla granata”, un po’ beatnik e un po’ artista, sul campo di
calcio campione e nella vita uomo con la schiena diritta, e da allora Cristiana
a ogni anniversario di questo giorno funesto manda sette rose rosse sulla sua
tomba, sette come la sua maglia. Di sé e Gigi, oggi, parla così: “Che cosa ho
voglia di dire? Che è stato bellissimo. Almeno io una volta nella vita, anche
se per poco, un amore così l’ho avuto. Qualcosa di assolutamente speciale. E
penso che tanta gente vive e muore senza provarlo mai”.
P.S. L’ho
fatta breve (o quantomeno l’ho adattata) e si sono persi tanti episodi
stupendi, perché la storia di Luigi Meroni, detto Gigi, è un romanzo vero.
Nando Dalla Chiesa ha provato a raccontarla in un libro toccante che
s’intitola, per l’appunto, La farfalla
granata. Leggetelo.
Se invece non
c’avete voglia, ne ha parlato anche Sfide.
Guardate qua: http://www.youtube.com/watch?v=0Q6eKjTi8lc
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