aprile 14, 2014

Le parole che scrivo per te



Un giorno, vicino o lontano, leggerai queste parole, ne sono sicuro.

Forse sarà di mattina, una mattina d’inverno col sole sul tavolo della veranda, mentre fuori un tizio si sgola nel megafono per convincerti a comprare le uova. Oppure sarà un pomeriggio di giugno, dopo un temporale leggero che rinfresca l’aria, e allora da dentro una felpa col cappuccio chiamerai tua sorella in cucina e le urlerai tintinnando: “Senti, senti un po’ cos’hanno scritto per me!”

Magari vorrai assaporarle lentamente, una riga alla volta con la faccia piantata sullo schermo e le dita che intanto sfogliano una rivista di moda. No, no, piuttosto le avrai ingurgitate tutte d’un fiato e in tre minuti netti saprai cosa volevo dirti, ma poi ci tornerai sopra per disegnarne i contorni e le sfumature.

Chi lo sa, forse queste parole ti saranno persino piaciute e quindi le segnerai su un foglietto che porterai con te insieme a quell’altro su cui, mentre dormivi, ho copiato Prévert. O invece ti saranno sembrate semplicemente ripetitive e chiuderai lo smartphone e smetterai di leggere e ricomincerai a camminare con un occhio alle vetrine e uno tra le nuvole.

Non so se ricorderai ancora tutti i momenti a cui si riferiscono e ora ne starai ridendo compiaciuta ma appena tra un secondo una specie di nostalgia ti inarcherà le sopracciglia. O chissà, quelle vecchie faccende saranno solo una nebbia confusa in cui si mescolano episodi di tristezza e d’allegria.

Può darsi che ti lasceranno in bocca il sapore dolce dei cornetti all’alba dopo notti di balli sfrenati, oppure sarà solo l’amaro delle ultime frasi che mi hai urlato nel telefono e che ti saranno tutte di nuovo tornate in mente, ma davvero speriamo di no.

Quasi quasi adesso usciresti, e torneresti a guardare il mare e come quella volta l’accento del tizio che vende i panini nello spiazzo ti strapperebbe una risata. O niente, ti stai solamente guardando attorno e nel frattempo è squillato il telefono e qualcuno ti ha contattato su Whatsapp, e mentre ti sei fermata a rispondergli queste parole sono scivolate via per non tornare mai.

Come vedi, non c’è niente che io sappia. Non so nemmeno se quando leggerai tutto questo io sarò ancora vivo e starò correndo da qualche parte, ma così veloce che non avrò tempo di guardarmi attorno. Oppure, chi può dirlo, sarò già morto da un pezzo, ma non per quello avrò smesso di aspettare che tu le legga.

Già, perché una cosa, almeno una, la so. So che anche senza un destinatario né un indirizzo, anche senza nessuno che conosco e che possa inviartele, anche senza che a te importino minimamente, beh, tu le leggerai, per il motivo semplice che le ho scritte per te.


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