Un
giorno, vicino o lontano, leggerai queste parole, ne sono sicuro.
Forse
sarà di mattina, una mattina d’inverno col sole sul tavolo della veranda,
mentre fuori un tizio si sgola nel megafono per convincerti a comprare le uova.
Oppure sarà un pomeriggio di giugno, dopo un temporale leggero che rinfresca
l’aria, e allora da dentro una felpa col cappuccio chiamerai tua sorella in
cucina e le urlerai tintinnando: “Senti, senti un po’ cos’hanno scritto per
me!”
Magari
vorrai assaporarle lentamente, una riga alla volta con la faccia piantata sullo
schermo e le dita che intanto sfogliano una rivista di moda. No, no, piuttosto
le avrai ingurgitate tutte d’un fiato e in tre minuti netti saprai cosa volevo
dirti, ma poi ci tornerai sopra per disegnarne i contorni e le sfumature.
Chi
lo sa, forse queste parole ti saranno persino piaciute e quindi le segnerai su
un foglietto che porterai con te insieme a quell’altro su cui, mentre dormivi,
ho copiato Prévert. O invece ti saranno sembrate semplicemente ripetitive e chiuderai
lo smartphone e smetterai di leggere e ricomincerai a camminare con un occhio
alle vetrine e uno tra le nuvole.
Non
so se ricorderai ancora tutti i momenti a cui si riferiscono e ora ne starai
ridendo compiaciuta ma appena tra un secondo una specie di nostalgia ti
inarcherà le sopracciglia. O chissà, quelle vecchie faccende saranno solo una nebbia
confusa in cui si mescolano episodi di tristezza e d’allegria.
Può
darsi che ti lasceranno in bocca il sapore dolce dei cornetti all’alba dopo
notti di balli sfrenati, oppure sarà solo l’amaro delle ultime frasi che mi hai
urlato nel telefono e che ti saranno tutte di nuovo tornate in mente, ma
davvero speriamo di no.
Quasi
quasi adesso usciresti, e torneresti a guardare il mare e come quella volta
l’accento del tizio che vende i panini nello spiazzo ti strapperebbe una
risata. O niente, ti stai solamente guardando attorno e nel frattempo è
squillato il telefono e qualcuno ti ha contattato su Whatsapp, e mentre ti sei
fermata a rispondergli queste parole sono scivolate via per non tornare mai.
Come
vedi, non c’è niente che io sappia. Non so nemmeno se quando leggerai tutto
questo io sarò ancora vivo e starò correndo da qualche parte, ma così veloce
che non avrò tempo di guardarmi attorno. Oppure, chi può dirlo, sarò già morto
da un pezzo, ma non per quello avrò smesso di aspettare che tu le legga.
Già,
perché una cosa, almeno una, la so. So che anche senza un destinatario né un
indirizzo, anche senza nessuno che conosco e che possa inviartele, anche senza
che a te importino minimamente, beh, tu le leggerai, per il motivo semplice che
le ho scritte per te.
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