Bucarest, ultimo atto dell’Europa League. In campo ci sono
Atlético Madrid e Athletic Bilbao e l’hanno detto un po’ tutti che è la finale
degli spagnoli poveri, quelli che non si chiamano Real né Barcellona. Però se
ci pensi gli uni sempre dalla capitale vengono, e pure gli altri, come i
catalani, sono separatisti mica da ridere, anzi nella loro rosa se non sei
basco non ti ci vogliono proprio.
Insomma, la partita comincia e i madridisti sembrano molto
più a loro agio, giocano sciolti e quell’Arda Turan all’ala sinistra dà qualche
saggio del campione che sarebbe potuto diventare non si fosse perso per strada.
Il Bilbao invece parte impacciato, e il cronista, che per esso fa il tifo, ne
attribuisce la ragione a quest’orrenda casacca vede che sembra messa lì apposta
a ricordare l’importanza nonché la bellezza di indossare i propri colori
sociali. Ma stasera non si può, ché il biancorosso l’ha portato via il Madrid.
Pronti via e Falcao, il fromboliere dell’Atlético, ci spiega
perché l’hanno pagato una quarantina di milioni di euro. Decentrato sulla
destra dell’area di rigore avversaria, fronte a fronte col suo marcatore,
rientra sul sinistro e indovina il giro all’incrocio dei pali più lontano. Sette
minuti e il colombiano s’è già assicurato per la prossima stagione un posto in
uno dei top team europei, mentre il
suo tecnico Simeone, uno che Lo Monaco a Catania aveva salutato senza tanti
complimenti, può ben esultare nel suo total
black in panchina.
Io me la godo così, sperando che i baschi punti nell’orgoglio
tirino fuori il bel gioco di tutto l’anno e si aggiudichino il trofeo in palio,
ma mi tocca restare deluso. Certo, Muniain è il solito folletto ed è imprevedibile
quando tocca palla, ma un’azione non si riesce proprio a imbastirla e, in più,
diversi errori in disimpegno aprono praterie nelle quali Falcao e suo compare Diego
(altro scarto della serie A) s’inseriscono spesso, volentieri e
pericolosamente.
Tanta grinta e tanta confusione fino alla mezz’ora, poi c’è
l’ennesimo svarione, stavolta di tale Amorebieta, giusto al limite della
propria area; Arda Turan ringrazia e mette in mezzo, dove il solito Falcao manda
giù il suo marcatore con una finta e poi segna ancora. Nel suo delirio, Bruno Longhi,
scadente ma tutto sommato meglio di certi esaltati (ehi, a proposito di
telecronisti date un orecchio a Lollobrigida), parla di due invenzioni di
Falcao che stanno decidendo la partita.
Io sarò incompetente, ma avrei visto una gran prestazione
dell’Atlético in termini corali, una squadra bravissima ad aspettare l’avversario
nella propria metà campo, compatta nel resistere ai suoi attacchi e pronta a
ripartire sfruttando un attacco davvero di buon livello, con il già citato Arda
Turan, Diego e questo Adrian López che è di sicuro la più grossa sorpresa di
stasera, ma forse lo è solo per me (mi dicono dalla regia che avesse vinto la
scarpa d’oro all’Europeo under 21 dello scorso anno).
Il secondo tempo promette scintille, El Loco Bielsa s’inventa un paio di cambi e io mi aspetto che
voglia dimostrarmi perché in Europa lo vogliano tutti, o almeno così pare. A confermare
l’impressione ci sarebbe uno spunto del solito Muniain dopo appena trenta
secondi, ma per il resto è calma piatta, l’Athletic attacca annaspando e il Madrid
controlla comodamente con due dita sul trofeo (Mancini copyright). Il primo tiro della ripresa, bontà loro, si vede al 68’
ed è un destro al volo del basco Ibai Gómez. Alto.
Va avanti così per un pezzo, e la speranza di conquistare la
vecchia UEFA tramonta lentamente per i pirenaici e anche per me, che
sinceramente mi auguravo la vittoria di una formazione protagonista di un gioco
spumeggiante per tutta la stagione e soprattutto autarchica quasi totalmente. Sarebbe
stato il trionfo di un’intera comunità, di cui una volta tanto anche gli stessi
calciatori fanno parte, tanto da sentir dire con tono sognante a un tifoso in
un’intervista del pre-partita che “è possibile incontrarli per strada, parlare
con loro”. E invece niente.
L’assalto finale è improduttivo, per il Bilbao ci prova un
paio di volte il terzo attaccante Susaeta (della prima punta Llorente, stasera
neanche l’ombra) ma è bravo anche Courtois, il portiere dell’Atlético; Falcao
fa ancora in tempo a colpire un palo prima che Diego metta dentro il 3-0 con un
diagonale da dentro l’area, dopo averne seminati un paio. È finita, Atlético Madrid
campione. Auguri.
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