luglio 07, 2012

I migliori di via Mazzini


Alle undici d’un martedì della fine di aprile giù in cortile l’estate è un’ipotesi concreta che prende forma nei gelsomini fioriti e nell’asciugarsi della pozzanghera al centro, ormai eterna. Il bastardino Flicky aveva avuto modo di notarlo nel pomeriggio quando Antonio l’aveva portato a far pipì, e perciò adesso se ne sta tranquillo nel suo angolino. Il suo muso inequivocabilmente triste fissa i quattro che si rincoglioniscono davanti a un telefilm qualsiasi, ignari della primavera che fuori torna a pulsare di vita.

Collegata al piano di sotto da una scala interna, la mansarda è alta abbastanza da poterci stare anche in piedi. Certo, Giampiero e i suoi due metri e tre di stazza non c’entrano comunque. Ma tanto, anche quando non stanno mangiando stretti intorno al tavolino al centro della stanza, i ragazzi finiscono sempre per stare tutti seduti sui due divani vecchi e comodissimi, a guardare il megatv di Antonio fumando qualche canna che il tempo intanto passa.

Attribuirsi come nome ”I migliori di via Mazzini” rivela quantomeno una bella dose di autoironia a chi conosce la toponomastica (via Mazzini è una stradina laterale con un unico palazzo). Stasera il gruppo non è ancora al completo, ma chi deve ancora arrivare sta già suonando il campanello e così Antonio si alza per aprire, mentre le orecchie di Flicky si drizzano come antenne.

“E falla girare, cazzo”, sbotta Mirko. Una smorfia tradisce Caterina, accennando di stupore e di delusione nei suoi occhi neri neri. Non si sarebbe mai abituata. E dire che in mezzo agli uomini c’è cresciuta, che per imparare l’inglese ha vissuto da sola a Londra con due ragazzi, con gli annessi e connessi di amici che arrivavano a ogni ora del giorno e della notte e allora adesso sa di bagni con le porte aperte e conversazioni da osteria, briscole in cinque e gare di rutti e pasta aglio oglio e peperoncino alle quattro di mattina quasi sbronzi.

Però no, non s’abituerà mai a quel fratello così diverso quando lo vede in mezzo ai suoi amici, ai loro amici, deciso e trascinante come a casa nemmeno sognerebbe, lui che continua a tenere la testa sul piatto se mamma a tavola lo rimprovera. Non s’abituerà mai e magari la colpa è di quei capelli biondi, si ritrova a pensare ogni tanto, che non li ha tagliati e ancora oggi gli scendono sulle spalle, ma forse c’entrerà pure l’espressione angelica che gli album di famiglia raccontano con foto in bianco e nero, perché così piacevano al loro papà. Chissà che direbbe oggi se potesse vedere Mirko nella sua camicia di felpa trasandata e con la barba di un marinaio in solitaria nell’oceano.

“E così l’hai mollato finalmente”, la voce di Monica arriva squillante dal corridoio e sveglia lei e l’intera casa da un torpore avvolgente e persino piacevole. L’altro assente, si capisce, non arriverà.
E Caterina allora respira un attimo sulla sedia, scavalla le sue gambe bellissime avvolte in un paio di jeans neri e tac, all’improvviso tira fuori gli artigli che nasconde benissimo da qualche parte dietro il suo nasino, il cappello le vola dalla testa e lei spara “E tu farti i cazzi tuoi invece?”
Giampiero s’è alzato in piedi a prendersi un bicchiere d’acqua e se ne sta accanto al frigorifero con la testa piegata per non sbatterla al solaio. “Dai, ma ti pare il caso?”, risponde, ricordandoci la verità scientifica ormai riconosciuta che l’omone in una comitiva di ragazzi sia anche il tipo più pacifico.

“Zitto tu che stiamo parlando, Gargamella”. Zitto tu che stiamo parlando. A occhio e croce, il settantacinque per cento delle conversazioni tra Monica e Giampiero consistevano in quest’unica frase che lei, Monica la vamp, rivolge a lui, Gargamella in un branco di Puffi a cui l’originale ha però tolto tutta la cattiveria.
Monica insiste senza pietà. “E insomma, come mai i piccioncini si sono lasciati?”
“Ehi Mirko, non è tutto tuo il fumo! Per pagare abbiamo diviso o sono io che ricordo male?” Dev’essere davvero un evento se Antonio prende la parola. I suoi amici lo chiamano “Unlitrodivino!”, proprio così, tutto unito e tutto d’un fiato, perché è capace di tacere per ore, ma se durante una cena al ristorante interviene puoi star certo che è ora di chiedere da bere.

Mirko è gesti misurati di attore consumato. Non è tanto il fatto che sia così dannatamente affascinante, è che purtroppo per gli altri lo sa anche lui. Si china, raccoglie il cappello e lo passa alla sorella, poi lentamente esclama un “Tutta tua!” a voce bassa con un tono gelido che mortificherebbe chiunque.
Non Antonio. Certo, a dirla tutta c’e forse qualcos’altro in quell’intervento che interrompeva un terzo grado, ma chi lo confesserebbe mai? Certo non lui, tanto geloso nel custodire i suoi pensieri. Raccoglie la canna senza guardarlo, si volta e ne respira avidamente. Questa è davvero un’altra storia.

Monica intanto non s’impiccia più ma nella sua faccia aggressiva lo vedi che non demorde, che vorrebbe sapere per filo e per segno di Caterina e di Raffaele che sembrano la coppia più bella del mondo di Celentano, e lei non riesce a spiegarsi una tutto sommato avvenente come Kate come faccia a stare con uno sfigato del genere, capace di studiare sedici ore al giorno, NERD del cazzo dagli occhiali a fondo di bottiglia e la peluria sul collo. Sta pensando proprio una cosa del genere, Monicuccia bella, quando si sente schioccare dietro. “Ma non ti stanchi mai di questa cretinata?” civetta voltandosi mentre ride sguaiata.
Ma Mirko è fatto così. Lui non chiede, pretende. Per chiamare a sé la sua ragazza (“trombamica”, aveva precisato a sua sorella, “solo trombamica”) basta che le tiri il filo del tanga da sopra i jeans e lei arriverà, “puoi star certo che arriverà, Giampiero, perché le femmine sono tutti uguali”.

Mirko e Caterina. Mirko e Caterina che sono fratelli e sono così diversi. Che si vogliono bene e che camminano a fianco, ma come rette parallele. Lui ha un aspetto così sicuro da non aver ancora capito che cazzo vuol fare nella vita e studia giurisprudenza solo perché è la facoltà più vicina a casa sua, lei con un viso così dolce sembra voler scoppiare a piangere da un momento all’altro, lei che a venticinque anni s’è appena laureata in medicina e sta pensando di mollare la specialistica e volarsene in Tanzania per Médecins Sans Frontières.

E questo è anche tutto ciò che Monica non sa. Non lo sa perché per fortuna stanotte Mirko non l’aveva portata a dormire a casa sua, e allora non l’ha sentita piangere raccontando a sua madre che lei e Raf, dopo dieci anni, si sono lasciati. “Non lo so se lasciati per sempre, mamma, questo non lo so. Però io devo decidere cosa fare, e non lo so se voglio restare qua tutta la vita e fare il medico solo perché l’hanno fatto prima il nonno e poi papà, e diventare primario in un ospedale e fare un sacco di soldi e averci un paio di figli che faranno la stessa cosa. E mi dispiace un sacco per Raf perché immagino come l’avrà presa, però io ho bisogno di pensarci con calma”.

E Mirko invece sì, c’era e l’ha sentita dal suo dormiveglia e quando in cucina si sono spente le luci è rimasto sveglio. E ha pensato a quanto faccia schifo questa faccenda, che sua sorella non possa stare con Raffaele e loro si vogliono bene davvero, e invece lui forse Monica avrebbe finito per sposarsela, magari tra una decina d’anni e perché nessuno dei due avrebbe trovato di meglio e a un certo punto passare la serata ad annoiarsi insieme davanti a un technicolor sarebbe sembrata la cosa più di buon senso da fare.

All’una, come una serata qualsiasi, Caterina si alzerà dal divano e se ne andrà, e mentre tornerà a casa sullo scooter penserà intensamente anche lei a tutta la storia, non farà altro che pensarci, cristo, e se dietro di sé andrà lasciando qualche lacrima farà sempre in tempo a dare la colpa al freddo.
Anche Mirko, vedendola alzarsi, ci penserà con la sua brava canna in mano mentre sullo schermo piove sull’impermeabile del protagonista, fingendo di non accorgersi di Monica che lo fissa, e in maniera piuttosto esplicita, sotto lo sguardo severo di Flicky. Non ne ha voglia e d’altronde non è proprio il caso, stasera. Del resto hanno tutta la vita davanti, e si preannuncia piuttosto lunga.

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