Ogni anno la stessa storia della RAI che a estate inoltrata
appiccica in basso a sinistra sullo schermo un bel titolo nuovo e ogni sera ci
propone l’unico materiale decente che ormai può permettersi: i suoi filmati d’archivio.
Da sadico inguaribile, non posso che invidiarne gli autori,
ché li pagano per rigirare il coltello nella piaga di un pubblico ormai
disperato, in balia di questi tempi di miseria e di Veline, di vacche magre e di Otto
e mezzo.
La puntata che ho visto mostrava sì tanta roba francamente
invedibile pure per il nostalgico patentato che sono, una marea di spezzoni
dell’andato Quartetto Cetra intervallati da monologhi che declinano Roma nelle
sue varie sfaccettature. In mezzo ci becchi anche Guzzanti e Brignano, non
proprio due novellini e anzi tra i comici meno peggio di un panorama tv
italiano irrimediabilmente disastrato (a differenza di un web molto attivo in
tal senso).
Eppure, fermo restando il talento smisurato del primo e la
scuola Proietti del secondo che li collocano tra i pochi ancora capaci di far
ridere qualcuno, era impossibile non notare uno scarto enorme fra le trasmissioni
più vecchie e quelle più recenti, diciamo dagli anni Novanta in giù, scarto che
va chiaramente a favore delle prime.
Stralci non proprio memorabili, ripeto, il Quartetto Cetra in
tutte le salse canticchia ritornelli nati già vecchi (qualcosa come “pizza mare
sole e nonzocché”) e dà il suo peggio in attualizzazioni improbabili di
classici letterari, spingendosi fino al culmine del ridicolo quando compaiono Al
Bano e Romina vestiti da Renzo e Lucia.
Epperò, a non farsi distrarre dalla corona di stelle della
prima moglie del Carrisi, cui seguirà comunque la Lecciso e questo vorrà pur
dire qualcosa, c’è un aspetto che non si può non notare.
La scrittura.
Ebbene sì, ancora una volta il segreto è tutto lì. Vuoi che,
come spesso si dice, ci fosse una settimana di tempo per preparare un’ora di
spettacolo, vuoi che, citando il compianto Monicelli, gli autori d’allora erano
persone dotate di cultura vasta e davvero generale, fatti sta che a rivedere tutti
i vecchi programmi è impossibile non accorgersi dell’elevata qualità della
scrittura.
Avete mai visto, anche per errore, pezzi di Canzonissima, Teatro 10, Scala Reale e
via discorrendo? Chi è sul palco parla sempre un italiano impeccabile e,
soprattutto, costruisce pensieri articolati e pertinenti e insomma si ha sempre
l’impressione di seguire, come usa dire di questi tempi, il filo logico di una “narrazione”.
L’esatto opposto della tv d’oggi, scritta coi piedi e interpretata peggio,
totalmente affidata all’estro di chi va in scena, peraltro scarso in un buon
80% dei casi.
E mentre su queste stupidaggini, stupidamente, rifletto, Teche Teche Te’ finisce e lascia spazio
a Porta a porta. Appunto. Rinvengo che
stanno inquadrando Formigoni e non mi rimane che cambiare canale.
Approdo a Rai Storia dove parlano di Cavour, accompagnandosi
con immagini per lo più tratte da uno sceneggiato sulla sua vita del ’67. Oggi,
ad andar bene, tocca veder scempiare la figura del grande Borsellino. Qualcuno ci
aiuti.
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