luglio 21, 2012

Mi avevi già convinto a "ciao"

Dice, il libro che t’ha cambiato la vita. Quello che ha preso il bozzolo di una persona curiosa e l’ha trasformato nel baco da seta di un lettore fervente, e di solito è un gran romanzo di quelli travolgenti, magari con dentro una storia d’amore tormentata. Oppure anche no, però insomma, che sia almeno una pietra miliare della letteratura!


Così per me ricordo Siddharta o Il Maestro e Margherita o Opinioni di un clown, citando solo i primi che mi saltano in testa ché le raccolte di figurine non m’han mai confinferato. Però se devo citare quel momento lì, dai, quel momento in cui la crisalide… tac! d’improvviso è diventata farfalla, beh, su di me non è merito delle centomila facce di Pirandello né dei ragionamenti complessi eppure chiarissimi di Sciascia, delle pagine d’amore lacrimevoli di García Márquez né degli eroi dimenticati o del killer sentimentale di Sepúlveda, dei manager rampanti di Tom Wolfe annichiliti dal proprio ego né del vecchio pescatore di Ernest Hemingway.

Mi piacerebbe che fosse così, davvero, farebbe un grande effetto ogni volta che lo ricorderei, però si sa che il primo grande amore è sempre per qualcuno che magari non vale nulla ma che l’adolescente brufoloso è lì ad idolatrare chissà perché. E insomma, a farla breve, quando il lettore in me ha preso il volo non c’era una pagina scritta davanti, ma un piccolo schermo che proiettava… Jerry Maguire.

Manco ‘sto gran film, lo capisco, tra Tom Cruise che fa il compitino, Renée Zellweger che non è ancora Bridget Jones e soprattutto Cuba Gooding Jr. e quel balletto “Coprimi di soldi!” da impazzire. Ma quindi cosa ci avrà visto lo sfigato del liceo di allora in quella roba lì? Boh, direi proprio... tutto.

Questo tizio che parte avvantaggiato, è al top ma a un certo punto vincere facile non gli basta più, vuole anche una coscienza e poi però tornare in alto, stavolta alle sue condizioni. Insomma, sia all’inizio che alla fine del film Cruise/Maguire è bene o male un tipo figo e famoso e un procuratore sportivo di successo, dunque ciò che differisce non sta fuori, ma dentro di lui, in quel percorso lungo e tortuoso che l’ha cambiato del tutto.

E a un adolescente che un po’ sospettava che tutti quei comunistelli nel cortile del liceo seguissero solo la gran moda dei diciottanni e che lo facessero pure coscientemente, beh, a uno così come faceva a non piacergli una storia del genere?

Voglio dire, un tizio che sì, rifiuta la mentalità del successo a ogni costo, manda tutti a fanculo e finisce per toccare il fondo eppure non si mette a disperarsi né a lamentarsi, no, non comincia la solita lagna che si può esser grandi e nel proprio piccolo e chi s’accontenta gode e Renée è così bella e il bimbo tanto simpatico che se anche mi mettessi a fare il farmacista sarei felice lo stesso.

Jerry Maguire non si ferma, lavora su di sé senza mollare finché non torna lì, nell’olimpo dei procuratori sportivi con questo giocatore che ha letteralmente tirato fuori dalla barzelletta. E dieci anni fa questo dovette essermi sembrato uno di quei messaggi che ti cambiano la vita, una specie di mantra che recita “Impegnati e sarai premiato” anche se rifiutassi le regole del cazzo che guidano la faccenda.

E magari t’aspetta pure una Bridget Jones che dal suo carico di delusioni ha persino la forza di incoraggiarti al ristorante “Non raccontiamoci le nostre storie tristi”, una che quando la guardi ha sempre quella faccia sorpresa e grata di tanta attenzione, che ogni volta pare la prima e che forse ha pure un vestito nero che te lo ricorderai per un bel po’.

Vabbé ok, poi è chiaro che se appena appena ti guardi attorno in quest’italietta dove la meritocrazia è un miraggio ti viene da prendere Maguire e sbatterlo contro un muro e dirgli “Ehi amico, e qui come cazzo ne usciamo?” e mollarlo lì come un ebete e giù i titoli di coda. Però lo sai che a un certo punto riapparirebbe nel salotto di casa tua e ti travolgerebbe di parole e, ancora dieci anni dopo, non potresti che rispondere “Mi avevi già convinto a ciao!”.

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